Tutta la questione de Lorenzo è nata dall’ostilità di un gruppo di generali che dapprima vollero ostacolare il generale de Lorenzo nella Sua assunzione alla carica di Capo di Stato Maggiore dell’Esercito e, successivamente, misero in azione tutte le loro forze alleandosi con vari schieramenti politici ed interessi industriali per farlo destituire. Raggiunto lo scopo prefissato, non contenti delle risultanze giudiziarie che lo scagionavano dalle accuse di deviazione dei servizi e del c.d. Colpo di Stato, continuarono la campagna diffamatoria mettendo in atto una serie di inchieste amministrative e parlamentari per contrastare tali risultanze e lo perseguitarono con accuse di ogni genere che il Generale de Lorenzo riuscì a sventare una dopo l’altra.

Nonostante ciò la “vulgata” sulla perdurante e ripetuta minaccia golpista e sulle deviazioni del SIFAR continuò anche dopo la Sua morte perché faceva comodo a tutti che responsabilità politiche ricadessero su un generale che tra l’altro non poteva più difendersi in quanto defunto.

Il Presidente Francesco Cossiga sentito come testimone in un processo penale per diffamazione instaurato dal figlio del generale alla domanda “come si è venuto a creare questo accanimento e questa mistificazione della realtà demonizzando il Generale de Lorenzo e l’Arma dei Carabinieri?” ha risposto testualmente: “La mia opinione è che in alcuni casi ci sarà stata la malafede è cioè hanno affermato il falso sapendo di affermarlo, in altri vi è stata la partecipazione alla cultura dietrologica che è dall’una e l’altra parte [politicandr]”. All 19 A

Il PSI, sotto la spinta del presidente Saragat fu il partito che maggiormente si accanì contro il Generale de Lorenzo dichiarandosi apertamente a favore dei giornalisti Scalfari e Jannuzzi, condannati in primo grado per diffamazione aggravata contro il generale de Lorenzo facendoli eleggere nel PUS uno Deputato e l’altro Senatore alle elezioni del 1968. La D.C, essendo al governo con il PSI, onde evitare una rottura si allineò sulle posizioni del PSI.

Secondo Cossiga l’origine dell’ostilità di Saragat nei confronti di de Lorenzo fu che Saragat venne informato che nelle carte del SIFAR vi era una informativa riguardante una anamnesi familiare da cui risultava potersi dedurre un non perfetto equilibrio psichico della sua famiglia d’origine ed era stato convinto che tale informativa fosse stata predisposta da de Lorenzo.

Vi era anche una informativa da parte del nostro centro di controspionaggio dei Paesi Bassi che riferiva che Saragat, in qualità di Ministro degli Esteri, parlava troppo facilmente durante le feste di cose attinenti la politica estera ed attribuiva questo all’uso smodato che egli faceva di bevande alcoliche.

Si precisa che queste informative erano una prassi normale del servizio in quanto “il SIFAR era anche Ufficio Centrale per la Sicurezza e la fascicolazione era necessaria per la concessione del Nulla Osta di Segretezza”. All 18 b. Saragat si infuriò moltissimo a causa di queste informative, pretese la destituzione di de Lorenzo ed inoltre, avvalorando la Commissione Beolchini, tramite il Ministro di Difesa Roberto Tremelloni procedette alla distruzione del SIFAR che cambiò nome (divenne SID), quadri ed orientamento. L’unico uomo al Governo che manifestò il suo dissenso sulla destituzione di de Lorenzo fu l’Onorevole Taviani. Nel libro di Francesco Giorgino “Intervista alla prima Repubblica” Taviani sostiene che “la distruzione del nostro servizio segreto, considerato dagli alleati ed anche dagli israeliani uno dei migliori servizi, fu un errore e per far pulizia si è dato il via ad una serie di pasticci e che oggi l’Italia è scoperta in questo settore”. All 7.

La commissione Beolchini fu costituita con l’obiettivo di emarginare il Generale de Lorenzo e fu ritenuto certo quanto in essa contenuto ed utilizzato per destituirlo. Le risultanze del Tribunale di Roma e la sentenza di archiviazione “Moffa” che contestavano le conclusioni della Beolchini non furono mai prese in considerazione e si cercò in tutti modi di non farle conoscere sebbene l’On de Lorenzo avesse più volte chiesto che la sentenza “Moffa” fosse distribuita a tutti i parlamentari. All 14 b, c. Tale sentenza avrebbe fatto crollare tutto l’impianto accusatorio nei confronti del Generale de Lorenzo e avrebbe avvalorato il suo ricorso al Consiglio di Stato contro la sua destituzione da Capo SME. All 4.

Una Commissione Parlamentare di Inchiesta sulle attività del SIFAR dal 1947 in poi avrebbe evidenziato le responsabilità politiche dimostrando che molti dei fascicoli informativi erano stati predisposti su richiesta di autorità politiche. Per tanto si preferì costituire una Commissione Parlamentare limitata agli eventi del giugno-luglio 1964 restringendo le indagini sull’ipotetico Golpe in modo da escludere evidenti responsabilità politiche.  All.18b.

La Commissione Parlamentare d’Inchiesta sugli eventi del 1964 ha escluso l’ipotesi di un Colpo di Stato militare ma nelle conclusioni ha prevalso il parere del PSI, che per salvare la tesi di Scalfari e Jannuzzi (nel frattempo diventati parlamentari socialisti) ha sostenuto che il Generale de Lorenzo aveva ideato il c.d. Piano Solo senza informare i ministri dell’interno e della difesa. Taviani ed Andreotti, che invece erano perfettamente informati, per evitare di far emergere le loro responsabilità politiche non si opposero a tale accertamento sostenendo però che l’ Arma era autorizzata a fare piani di emergenza. La Commissione non ha esaminato le evidenti responsabilità politiche e non ha fatto alcun cenno che il c.d. Piano Solo era stato richiesto dal Presidente della Repubblica Antonio Segni. Da ulteriori accertamenti effettuati sulle agende del Generale de Lorenzo e suoi interventi in parlamento si può affermare che i Ministri dell’Interno e della Difesa erano stati informati della preparazione del Piano Solo

 Cossiga ha sostenuto che Moro era uno dei più grandi estimatori del Generale de Lorenzo. Nel suo libro “La passione e la Politica” e soprattutto nel convegno “La guerra Fredda ed il Caso de Lorenzo” ha affermato che Moro ha definito il generale de Lorenzo “Grande servitore dello stato”. Ciò perché Moro conosceva bene la verità storica degli avvenimenti e sapeva che le accuse mosse contro de Lorenzo erano completamente false. Fu costretto a destituire il generale de Lorenzo da Capo di MSE per un’accordo di Governo con i Socialisti e per le continue insistenze di Saragat. Moro, inoltre, apprezzò molto il fatto che il Generale de Lorenzo rispettò integralmente il segreto di Stato anche se così facendo era stato gravemente danneggiato perché non aveva potuto fare rivelazioni che lo avrebbero certamente scagionato. All. 18b 
 Il vero motivo della destituzione di de Lorenzo fu che egli sosteneva in concreto il principio che l’interesse militare doveva prevalere su quello industriale e politico.

Il Generale de Lorenzo si oppose a forniture militari (in particolare il carro armato M60) non rispondenti alle esigenze operative dell’esercito ed il cui sistema di acquisto si prestava a troppe perplessità. Per questo de Lorenzo si scontrò con tutti coloro che erano interessati a questi lucrosi programmi. Bisognava eliminarlo. Per farlo venne scatenata una campagna diffamatoria tendente ad avvalorare la tesi che il SIFAR aveva deviato dai suoi compiti istituzionali a causa delle c.d. “schedature illegittime” e si sfruttò la suscettibilità del Capo dello Stato (Saragat) informandolo di fascicoli informativi sulla Sua persona fatti dal SIFAR. Saragat oltre pretendere la destituzione di de Lorenzo rifiutò di firmare il decreto per il quale Ope Legis de Lorenzo avrebbe dovuto essere nominato Presidente della Sezione Esercito del Consiglio Superiore delle Forze Armate e sarebbe potuto entrare nel merito dei contratti per le forniture militari. (Vedi all 14b,c).

 La relazione dell’ On Buffone, correlatore della Commissione Alessi per la parte relativa alla nuova disciplina della tutela del segreto e del riordinamento dei servizi di informazione della Difesa ed in particolare quella riguardante il Capo Servizio, non è stata pubblicata perché contestava le Commissioni Beolchini e Lombardi sostenendo che “I fatti sono stati volutamente e faziosamente inventati senza alcuna valida prova, ma con evidenti scopi politici e che l’azione menzognera e faziosa della Commissione Beolchini e Lombardi sostenuta dal Ministro della Difesa Tremelloni ha provocato la disintegrazione e la paralisi dei servizi di sicurezza dello Stato”. “Per tutto questo Tremelloni non ha subito neanche un mimino rilievo”. All 8.  

La campagna di stampa sul “Piano Solo” e sulle c.d. deviazioni del SIFAR in un momento politico cruciale, sia sul piano interno che su quello internazionale, comportò la disarticolazione e la progressiva totale inibizione degli organismi di intelligence nazionali da una parte. Dall’altra l’attacco “ad personam” al generale de Lorenzo ha rappresentato la prima azione chirurgica di “Killeraggio”, un’azione ad alto contenuto simbolico e con la valenza di un messaggio rivolto a tutti gli apparati dello Stato.

Dai verbali giudiziari e dall’ormai sconfinata memorialistica degli ex terroristi di sinistra, una costante risulta con assoluta evidenza: degli allora giovani che all’inizio degli anni ’70 imboccarono la strada della lotta armata, non ce ne è stato uno che non abbia rivendicato, come fondamento morale della propria scelta, la convinzione di aver agito in un ambito di legittimità “di fatto”, nella necessità morale di impugnare le armi contro “lo Stato golpista e stragista”. In questo scarto della realtà, in questa devastante deformazione-esistenziale – ancor prima che politica- che ha avuto come inizio proprio la campagna di stampa sul Piano Solo, si è bruciata un’ intera generazione.