Capo di Stato Maggiore dell’Esercito (1966 -1967)
Il 1 febbraio 1966 de Lorenzo viene nominato Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, tuttavia la sua nomina venne osteggiata da alcuni settori delle stesse Forze Armate.
Inizia così la c.d. “Guerra dei Generali” tra il gen. Aloia, Capo di Stato Maggiore della Difesa, e il gen. de Lorenzo, Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, contrapposti sul piano dei modelli militari e dei principi che li ispirano.
Da un lato, Aloia, legato alla destra oltranzista, spingeva il pedale ideologico nella preparazione dei militari attraverso i “corsi di ardimento”, dall’altro de Lorenzo, schierato per l’apoliticità dell’Esercito, appena nominato decise di annullare i corsi di ardimento e di varare un programma di ammodernamento che però non tardò a scontrarsi con interessi consolidati dell’industria militare.
Il contrasto si manifestò soprattutto con il rifiuto di de Lorenzo a procedere all’acquisto dei carri armati M60 della americana Chrysler e concessi in licenza alla Oto Melara, in quanto eccessivamente costosi, palesemente inadatti alle esigenze dell’esercito italiano (non passavano attraverso le gallerie) ed il cui sistema di acquisto si prestava a molte perplessità.
Tale decisione creò lo scompiglio tra tutti coloro che erano interessati a questi lucrosi programmi e fu la sua rovina: si inimicò gli industriali, i generali accomodanti, i politici e gli americani.. Da qui le feroci inimicizie: iniziarono sotterranee azioni per eliminarlo.
A tal fine si attivò, mediante stampa e televisione, una campagna diffamatoria nella quale si affermava che: come Capo del SIFAR aveva deviato il servizio dai suoi fini istituzionali, avendo creato fascicoli formativi ritenuti illegittimi e di conseguenza il Ministro della Difesa Roberto Tremelloni, su insistenza del Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat, istituì una singolare commissione d’inchiesta, presieduta del generale Aldo Beolchini (acerrimo nemico di de Lorenzo) con l’obiettivo di emarginare il Generale de Lorenzo, che confermò tali accuse.
Si cercò, tramite il consigliere di Stato Andrea Lugo (capo di gabinetto del Ministro Tremelloni), di fargli dare le dimissioni in cambio di un incarico d’ambasciatore, ma tale proposta venne sdegnosamente respinta de Lorenzo, sostenendo di aver sempre agito nel pieno rispetto della legge e nell’interesse esclusivo dell’Esercito. A seguito di ciò, il 15 aprile 1967, fu destituito dalla carica con la motivazione che era venuto meno il rapporto di fiducia con il governo. Vedi All 6, All 14b, All 17 e All 18a
Tuttavia il fatto che avesse ragione sugli M60 e sui corsi di ardimento è provato dal fatto che i suoi successori non cambiarono le sue decisioni.